La corrispondenza tra la congregazione del Sant’Ufficio e i vescovi di Osimo (1593-1773)
Introduzione di Vincenzo Lavenia
Diego Pedrini – Elenora Barontini (a cura di)
Auspicata nel corso del Novecento da molti storici, laici e cattolici, l’apertura degli archivi centrali del Sant’Uffizio romano – voluta da Giovanni Paolo II in vista del Giubileo del 2000 e disposta dalla Congregazione per la dottrina della fede, allora presieduta da Joseph Ratzinger, nel 1998 – ha contribuito a incrementare in misura considerevole gli studi dedicati al funzionamento della corte cardinalizia del Sant’Uffizio e quelli sul controllo della stampa (imprimatur, commercio dei libri, censura, stesura degli indici, espurgazione, auto-emendazione, permessi di lettura), mentre ciò che sappiamo dei tribunali periferici italiani dell’Inquisizione papale (che non si radicarono né a Lucca, né in parte dello stesso Stato pontificio, né nel Vicereame di Napoli, dove a condurre le inchieste furono i vescovi e un ministro di stanza nella capitale) dipende ancora oggi da alcune serie documentarie note il più delle volte sin dall’Ottocento e depositate nelle biblioteche locali e negli archivi di Stato o diocesani di varie parti della Penisola: faccio riferimento soprattutto alle carte inquisitoriali di Udine e di Venezia, a quelle di Modena, a quelle di Pisa e di Firenze, a quelle di Bologna e di Napoli, alle fonti sulle controversie giurisdizionali presenti negli archivi statali di Torino, Milano, Mantova, Parma e Ancona. A questa massa di documenti, nel 1998, si sono aggiunti i faldoni dell’Inquisizione di Siena, sola serie locale depositata all’Archivio centrale del Sant’Uffizio, che copre tuttavia parzialmente gli anni del Cinquecento. La corrispondenza del Sant’Uffizio – specie in assenza dei processi – è una fonte preziosa per inquadrare le strategie giudiziarie dei tribunali di fede, e talvolta ci riporta storie di imputate e imputati che altrimenti non avremmo mai conosciuto. Del resto, se i copialettere annuali fatti stilare dalla Congregazione cardinalizia sono quasi integralmente spariti durante e dopo le spoliazioni napoleoniche, talvolta gli archivi e le biblioteche locali conservano una parte delle lettere inviate da Roma e in qualche caso anche le copie delle missive inviate alla Congregazione dagli inquisitori, dai vicari e dai vescovi delle diocesi dove ebbero sede gli uffici periferici del tribunale. Il progetto di pubblicare le corrispondenze inquisitoriali italiane non è mai proceduto in modo sistematico, e tuttavia – grazie allo sforzo di valenti studiosi – nel corso degli ultimi vent’anni non sono mancate edizioni parziali delle serie di lettere prodotte o ricevute in alcune sedi inquisitoriali della Penisola. Le carte osimane qui trascritte e annotate da Pedrini e Barontini si collocano sulla scia di imprese simili, ma con una peculiarità: quella di aprire un piccolo squarcio non tanto sulla storia di un distretto locale dell’Inquisizione quanto piuttosto su uno dei numerosi vicariati che potenziarono e resero capillare la rete giudiziaria del Sant’Uffizio dalla fine del Cinquecento in poi: nel Centro-Nord Italia e in quel complesso territorio che fu la Marca Anconetana.
ISBN 88-7969-449-9
€ 10,00
Ft. 170×240 mm
2020, pp. 112, copertina in brossura