Maurizio Mattioli – Mario Cignoni
Nell’affrontare la lettura di questa “storia urbana di Porto San Giorgio” sviluppata nel corso di tanti anni, è doveroso spiegare ai lettori le ragioni di questa ricerca. Ci ha spinto la passione per la storia del paese in cui si è nati o in cui si è trascorsa buona parte della propria giovinezza. Sembra quasi impossibile pensare che, entrati nel XXI secolo, non sia stata definita l’origine del paese che pur vanta notevoli vestigia architettoniche del passato ancora visibili e imponenti.
Persino l’origine della rocca, sconosciuta alle cronache degli antichi come alle fonti d’archivio, sarebbe ignota se non fosse giunta fino a noi l’iscrizione lapidea inserita sopra il portale d’ingresso.
Le difficoltà incontrate dagli storici del passato (secoli XVII-XIX) riflettono lacune documentali. Cesare Trevisani, con lo pseudonimo Cesare d’Altidona, nel suo Porto San Giorgio e visite ai dintorni pubblicato nel 1929 scriveva: «Reliquie di tempi neppur troppo lontani andarono quasi tutte disperse, molte perdute per sempre. Cosicché il difetto di tracce allettanti va forse considerato fra le cause non ultime del lungo oblio, onde priva di stimolo rimase disamorata dell’indagine la libera passione degli studiosi. Né dai pochi e fuggevoli tentativi era da aspettarsi gran virtù di sgombro contro la secolare tenebra, non mai messa a prova sotto il raggio penetrante di un severo criterio storico».
La presente ricerca è stata concepita come una nuova lettura integrata da documenti solo in parte conosciuti ma trascurati, forse perché riguardanti questioni estranee alla storia della città di Fermo, costante motivo, invece, di indagine da parte di insigni studiosi.
Porto San Giorgio, geograficamente, era il presidio marittimo della città di Fermo, punto di contatto con il mondo esterno, con popolazioni, usi e costumi lontani, e se ne vuole restituire un quadro d’insieme più realistico, che non sia la leggenda dei marinai miracolati in viaggio da Chioggia ed approdati su queste sponde o l’intervento diretto del protettore San Giorgio.
Lo scopo principale resta quindi il tentativo di dare un fondamento storico-scientifico alle origini del paese ed alla sua struttura urbana, andando oltre la gradevole trasposizione iconografica frutto dell’intuito del pittore sangiorgese Sigismondo Nardi e delle indicazioni di suo zio, lo storico locale Francesco Amici.
Una delle difficoltà maggiori che si incontrano nel dare risposte serie ai quesiti che via via si pongono dinanzi allo studioso come al curioso, è quella della datazione delle vestigia architettoniche.Infatti la tentazione ricorrente è quella di considerare coevo ogni manufatto o mattone che si ha ancora l’avventura – sempre più rara – di incontrare. Il prodotto di tale errata semplificazione a sua volta produce confusione ed errori.
Per rimettere dunque un po’ di ordine siamo ripartiti dai documenti presenti negli Archivi di Stato di Fermo, di Ascoli Piceno e di Roma riconnettendoli con le storiografie più accreditate, tuttora in circolazione, non senza provare ad operare, ove possibile, riscontri materiali a verifica delle varie ipotesi, azzardandone altre.
Per operare una credibile ricostruzione di quelle che dovevano essere le forme del castello e del porto e la relativa espansione urbana del sito, si è fatto ricorso a tutta l’iconografia realizzata dal secolo XVII in avanti, includendovi oltre alla documentazione catastale più recente (secoli XVIII e XIX) anche il resoconto dei funzionari dello Stato Pontificio all’uopo incaricati. In particolare si è fatto riferimento ai disegni conservati presso la British Library di Londra (1677), alla planimetria realizzata dal generale Ferdinando Marsili (1708), alla mappa del Porto di fine Settecento (manca l’indicazione esatta della data), alla pianta topografica del Borgo Marinaro del 1788, ad una pianta della rocca e dell’area circostante di inizio ’800, ed infine, al Catasto Gregoriano di impianto Napoleonico (1809-1816).
ISBN 88-7969-450-2
€ 28,00
Ft. 210×300 mm
2020, pp. 192, copertina in brossura