Sciò la pica
Fabrizio Fabi
È difficile riferirsi a Sciò la Pica come ad una manifestazione individuata con un titolo, una volta per sempre. Sciò la Pica è un logo, nemmeno esso definito in eterno: chi lo scrive con l’accento sulla -o di Sciò, chi con un apostrofo come se Sciò fosse un termine dialettale inconcluso, supponendosi un’elisione. Altri scrivono pica con l’iniziale maiuscola, altri ancora con la minuscola. Chi consacra il logo con un esclamativo, chi se lo risparmia accuratamente.
Noi abbiamo scelto la forma accentata di Sciò, come per un’interiezione italiana, corretta e conclusa, presente in tutti i dizionari più accreditati; e abbiamo scelto la maiuscola per Pica, come sostantivo che indica un tipo di volatile, l’uccello indispensabile nello svolgimento del rito monterubbianese, con riferimento al Picchio dei Piceni.
Ma, a parte questo, c’è chi chiama la festa Pentecoste, chi Sagra dei Piceni e chi altro ancora.
Dev’essere il carattere progressivo della Festa a tirarsi dietro tutti questi nomi. Pentecoste è quello che ricorre di più perché liturgicamente la festa si celebra, cinquanta giorni dopo Pasqua, rievocando la discesa dello Spirito Santo sulla prima Chiesa, asceso il Cristo al cielo.
Qualcuno, forzando irriverentemente l’interpretazione, vuole che la pica sia apparentata – per rustica che voglia essere – con la colomba la quale, di solito, nell’iconografia cristiana, coincide con lo Spirito Santo ma non ci sono ragioni che giustifichino l’assimilazione. Del resto la Pica appartiene ad un rito pagano e non c’è motivo plausibile per rapportarla ad elementi religiosi cristiani.
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ISBN 88-7969-199-6
€ 30,00
Ft. 240×320 mm
2005, pp. 126, copertina cartonata